Forgiarsi la nuova identità
L’uomo è un essere abitudinario!
Una volta presa una strada si crea una zona di “conforto” nella quale indugiamo. Sappiamo che, prima di prendere quella strada, qualsiasi essa fosse, abbiamo dovuto investire molto dal punto di vista intellettuale, emotivo, fisico, per non parlare di quelle scelte che hanno richiesto molto, per adeguarvisi, in costi economici, sociali, familiari, affettivi o professionali.
Ogni strada che abbiamo scelta, in qualsiasi campo fosse, ha marcato in modo indelebile la nostra identità. Noi siamo ciò che abbiamo scelto di essere. Anzi, forse sarebbe meglio dire, le nostre scelte hanno forgiato la nostra identità.
Abbandonare una scelta fatta, significa rimettere in questione la nostra identità. .../...
Alcune delle scelte, che possono implicare una sfaccettatura della nostra identità, sono facili da vivere, altre sono difficili e altre ancora, impossibili.
Prendete per esempio la scelta di un’automobile. Sembra una cosa banale, basta solo definirne il bisogno, elencare i criteri di scelta, raccogliere informazioni in merito alla disponibilità del mercato, fare qualche altra valutazione tipo economica, acquisto o leasing, consumo, costi di manutenzione e via dicendo, e poi ecco, la scelta è fatta.
Ma non sempre è così facile, vero? Tutto dipende dal valore cha attribuiamo ad una macchina.
Ci sono persone per le quali una macchina è solo un mezzo di trasporto, che poco ha a che fare con la propria identità. Qualsiasi macchina soddisfi i criteri di scelta di base andrà bene.
Ma ci sono altri per i quali il tipo di macchina, il paese di origine, la marca dell’automobile fanno parte della propria identità. Perciò si parla di “Alfisti”, come si parlerebbe di “Milanisti”.
Ci sono persone che rimarranno tutta la vita entro la scelta originale che ha forgiato la propria identità: useranno sempre “Giorgio Armani” come dopobarba, guideranno sempre una “Alfa Romeo”, tiferanno sempre per la “Juve”, preferiranno sempre una birra italiana.
Una volta imboccata quella strada, per chi li conosce, non possono essere loro senza le loro scelte.
Le loro scelte hanno forgiato la loro identità!
Perciò, secondo la natura della scelta, uscire da quella scelta, cambiare direzione, può significare uno scombussolamento dello status-quo, una messa in discussione dei nostri valori, della nostra stessa persona, della nostra identità!
Certamente, l’abbandonare un culto, come quello dei Testimoni di Geova, implica un’innegabile trasformazione della nostra identità. Come farà un Milanista a fare il tifo per la Lazio? Come farà un Alfista a guidare una … Toyota? Chissà quanti si prenderanno gioco di lui, ridicolizzeranno la sua scelta attribuendola a chissà quali stupide ragioni. I suoi “compagni di tifo” lo considereranno alla stregua di un “Giuda”, “ha tradito la sua squadra!”
Ci vuole realmente molto coraggio a gettare via qualsiasi cosa abbia contato tanto, al punto da avere forgiato la nostra identità.
Per molti, abbandonare il movimento religioso dei Testimoni di Geova è senza dubbio una perdita della propria identità. Questa affermazione è senz’altro vera tanto più che la persona si identificava al culto, lo viveva appieno, ogni giorno e ne andava fiera. Come quel tifoso che si identifica con la sua squadra, ne porta i colori, non manca mai una partita, parla sempre e solo di essa, non importa quanto male abbiano giocato, è sempre la migliore.
Lo stesso dicasi di coloro che sono stati dei “veri” Testimoni di Geova. Che si sono realmente impegnati in tutte le attività predisposte dalla dirigenza, che non avevano timore di scoprire le loro carte, proclamare apertamente di fare parte di quella “squadra”, indipendentemente dal fatto che qualcuno abbia fatto uno sbaglio, o sia perfino morto per la sua fede (hanno “giocato male”); essa rimane sempre la sua squadra del cuore.
Rinnegare tutto ciò, smettere di associarsi con i propri tifosi, sostenere una squadra fino all’ora contendente, abbandonare il calcio, la religione o Dio, richiede un enorme coraggio. Avremo perso per sempre la nostra precedente identità!
Nell’ambito della “Perdita e Liberazione”, la “gestione della transizione” è vitale per potere forgiarsi una nuova identità.
Quando la “Perdita” è indipendente dalle nostre scelte, come la perdita di una persona cara, nel periodo di “transizione”, la prima cosa che dovremo fare è “farcene una ragione”.
Una coppia unita, che abbiamo visto tutta la vita insieme, sorridenti, felici formano una sola identità.
Nessuno si sognerebbe mai di vedere uno senza l’altro. Alla morte di uno, l’identità della coppia viene a scomparire. Colui che sopravvive, dovrà prima fare il lutto della precedente identità per poi doversi forgiare una nuova.
In misura infinitamente minore, la scomparsa di una casa produttrice di automobili come l’Alfa Romeo, una linea aerea, come lo è stata la Swissair, o una qualsiasi linea di prodotti, richiederà un forzato lutto per coloro che ne erano “fedeli” clienti, un’accettazione del fatto, prima di rassegnarsi a fare una ricerca di un nuovo equilibrio che implicherà, forse, un riadattamento della propria identità.
Quando invece la scelta è il frutto di una decisione personale e non è dovuta alle circostanze della vita, imboccheremo la strada della transizione con una carta vincente.
Non avremo bisogno di “farcene una ragione”, in quanto è proprio a causa di una ragione specifica, chiaramente identificabile che abbiamo abbandonato tutto quanto, in questo campo, ci identificava come persona. Sappiamo già che il costo da pagare è caro, non solo in termini di “perdita” di quanto forse avevamo di molto caro fino ad allora, ma soprattutto in termini di accettazione di una nuova identità!
Nel processo di transizione, mentre facciamo il “lutto” della nostra precedente identità, mentre lasciamo una sponda e cerchiamo una nuova dove approdare, è primordiale ricordare che quello che ci aiuterà non si trova altrove, da qualche parte nascosta nel mondo, ne dovremmo cercarlo in altri ma in noi stessi.
Tutto ciò che fece di noi quello che eravamo, l’identità che ci rappresentava, era dovuto soprattutto, non al mondo esterno, ma a ciò che siamo stati interiormente. I nostri profondi valori, le nostre ambizioni, i nostri sogni, la nostra forza e coraggio, la nostra tenacia e incrollabile volontà, le nostre capacità, il nostro essere, le nostre emozioni, il nostro amore. Queste cose sono fattori preziosismi, che nessuno ci può mai portare via, sono loro gli elementi primari con i quali abbiamo costruito la nostra precedente identità, sono loro le nostre risorse più preziose che ci aiuteranno a forgiare la nostra nuova identità.
Non perdiamo mai coraggio! .../...
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